Stavamo passando per una delle piccole vie che portano al quartiere ebraico di Roma, qualche ora prima dell'inizio del digiuno di Tisha b'Av e speravamo di trovare un ristorante kasher aperto per mangiare prima dell'inizio del digiuno.
Una coppia di stranieri, due persone eleganti sulla sessantina, ci fermò per chiedere delle informazioni riguardo delle insegne antiche incise in uno dei muri. Non sapevamo la risposta alle loro domande, tuttavia, in compenso abbiamo cominciato a parlare di diversi argomenti. Finche l'uomo mi disse:
''Sai, io non sono ebreo, ma mia moglie lo è. Sono sempre rimasto colpito da questo gran popolo!'' Si fermò per qualche secondo a pensare ed esclamò: ''a dire il vero sono ebreo per metà!'' Gli feci la domanda più ovvia che si potesse fare al momento: ''Mi scusi, ma lei intende dalla parte di suo padre vero?'' , ''No'' disse, ''mia madre scappò durante la guerra dall'Austria per andare in Canada, lei era ebrea''.
Mi entusiasmai enormemente: ''Ma allora lei è completamente ebreo!'' gli dissi.
''Ma va? I can't believe it!'' a quel punto, sembrava molto contento ed anche noi! Anche se non avrei mai creduto che una persona nata da madre ebrea non avesse la minima idea che secondo la legge ebraica ciò è sufficiente per fare di lui un ebreo. Ed era proprio questo che cercavo di spiegargli. La persona più stupita era sicuramente la moglie, che si rese conto che senza farlo apposta, aveva sposato un ebreo!
La cosa non finì qui, feci subito uscire i miei tefillìn dalla borsa, spiegando all'uomo cosa fossero e a cosa servissero e cercando di fargli capire l'importanza che ha compiere questa mitzvà. Anche questa era per lui una novità, non aveva mai visto dei tefillìn prima in vita sua. Ma non ho dovuto neanche cercare di persuaderlo a metterli, infatti non appena gli chiesi se voleva metterli, accettò la proposta entusiasta senza pensarci un secondo. Fummo molto colpiti nel vedere la sua prontezza nel compiere questa mitzvà nonostante il fatto che non aveva mai sentito parlare di mitzvòt prima d'allora.
Così, dopo aver letto insieme per la prima volta lo Shemà, mentre gli toglievo i tefillìn, sua moglie sfoderò la macchina fotografica e cominciò a riprendere la scena mentre Yossef ed io ci siamo messi a cantare mazal tov e a ballare con lui. La scena era piuttosto interessante ed anche i passanti incuriositi si fermarono a guardare le feste e ad osservare quest'uomo anziano che balla con dei lacci attorcigliati in fronte e sul braccio.
Prima di salutarci, il suo sguardo si fece molto serio e mi fissò negli occhi per un po'; ricordiamo, che stiamo parlando di un uomo che fino a pochi instanti fa' non sapeva di essere ebreo, ne tanto meno sapeva cosa fosse un ebreo, non era neppure mai stato ad un corso di Torà. Nonostante ciò mi stupì fortemente quando mi disse in un tono pari alla confessione più sincera: ''Ho la forte sensazione... Che D.o scelse il popolo d’Abramo, affinchè esso possa rivelare la Sua presenza nel mondo.''
In queste poche parole si nasconde una delle idee più fondamentali e più discusse dagli insegnamenti del chassidismo, secondo i quali, lo scopo e l'essenza dell'esistenza non è altro che rivelare come questo mondo, nonostante sia molto terreno e materiale, non è altro che la dimora del Sign-re, Colui che lo ha creato.
Il chassidismo spiega anche che questa idea e obbiettivo è innato' in ogni ebreo, come facesse parte del suo DNA, e questo, a prescindere dal livello di osservanza.
Le semplici parole di quel signore hanno avuto un forte impatto di di noi, perchè hanno confermato questo concetto fondamentale.
Di Benjamin Forza