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Gli ultimi aggiornamenti sulle attività di Chabad Lubavitch a Roma.

Il Rabbino che Divenne un Cocchiere - parte quarta

Passarono diverse settimane e Rav Yossef stava abituandosi al suo nuovo mestiere. Viaggiava portando passeggeri dalla sua città di Beshenkovitch ai paesi circostanti. La sua regola era che non avrebbe mai fatto fretta. La sera cercava un posto dove poter pernottare e lì studiava la Torà. Quando arrivava a destinazione e doveva aspettare i clienti, si dedicava tutto il giorno allo studio della Torà. Così andò avanti per un anno.

 

Ora, dopo la scomparsa del nostro grande Maestro, l'Alter Rebbe il ventiquattro di Tevèt 5573 (1812), il suo figlio, noto con il titolo il Mitteler Rebbe. [Rabbì Dovber, la seconda guida della dinastia Chabad], rimase per un certo periodo di tempo nella città di Kremenchug. Il suo genero [che poi sarebbe diventato il terzo Rebbe], Rabbì Menachem Mendel, l'autore del Tzemach Tzedek, visse temporaneamente nella cittadina di Haditch, dove era stato sepolto l'Alter Rebbe. I restanti famigliari dell'Alter Rebbe si insediarono a Ramen, vicino Haditch.

 

[Tutto ciò perché durante la guerra del 1812 con Napoleone, l'Alter Rebbe e una grande entourage fuggì verso l'interno della Russia. Qui si descrive quanto accadde dopo la scomparsa dell'Alter Rebbe, durante la guerra, e il ritorno verso la Bielorussia dalla quale erano venuti. NDR].

 

Durante un periodo di tempo di tre mesi c'era molto fermento tra i chassidìm di Chabàd in tutta la Russia. I Chassidìm della Piccola Russia (una regione della Russia Imperiale che corrisponde oggi all'nordest dell'Ucraina) e dell'Ucraina si riunirono in varie città e nominarono degli agenti per rappresentarli che sarebbero stati inviati dal nostro Maestro il Mitteler Rebbe, con la richiesta che egli stablisca la sua residenza fissa in una delle città della Piccola Russia.

 

Nello stesso tempo i Chassidìm della Bielorussia si riunorono anch'essi in varie località organizzandosi ad inviare la richiesta al Mitteler Rebbe di trasferirsi nuovamente nel suo luogo natìo, la Bielorussia, in una località di sua preferenza.

 

Gli agenti inviati dai Chassidìm della Bielorussia furono "vittoriosi" e dopo la festa di Shavuòt del 5573 (1813), il nostro Maestro il Mitteler Rebbe lasciò Kremenchug per fissare la propria residenza in Bielorussia.

 

Per tre mesi il Mitteler Rebbe viaggiò da città in città e da località a località finché giunse alla città di Vitebsk (Bielorussia). In ogni luogo in cui fece tappa, trasmise discorsi di Chassidut ed era ricevuto con grande onore non solamente da parte degli ebrei ma anche dagli ufficiali locali del governo e dalla polizia locale. Questi avevano istruzioni dall'ufficio del Ministro dell'Interno di dare onore al Rabbi Shneuri (questo era il suo cognome), visto che era il figlio del Rabbi Baruchovitch (l'Alter Rebbe) di Liadì, il quale aveva fatto moltissimo per Madre Russia durante le guerre napoleoniche. Il governo della Russia riconobbe il suo contributo e fece richiesta di onorare il suo figlio, che aveva assunto il suo incarico rabbinico.

 

Il Mitetler Rebbe scelse per la sua residenza la cittadina di Lubavitch. Egli trascorso a Liadì lo Shabbàt della Parashà Ki Tavò, e il lunedì successivo, diciottesimo giorno del mese di Elul dell'anno 5573 (1813), il nostro Maestro il Mitteler Rebbe giunse alla cittadina di Lubavitch per stabilirvi la propria residenza.

 

Questo giorno è inciso nella memoria di tutti i Chassidìm di Chabad in quanto corrisponde anche alla data del campleanno del Baal Shem Tov, il fondatore del movimento chassidico.

 

L'arrivo del Mitteler Rebbe fece una profonda impressione in tutta la Bielorussia e la Lituania. Multitudini di persone affluirono verso la cittadina di Lubavitch. Il Nobile Tchekovsky, le quali terre includevano anche la cittadina di Lubavitch, istruì ai suoi impiegati di donare del legname per la costruzione delle case per il Rebbe e la sua famiglia.

 

I Chassidìm della Bielorussia rafforzarono il fondo per il sostentamento di coloro che si erano stabiliti in Eretz Israel [che era stato istituito dall'Alter Rebbe ma si era indebolito a causa della guerra e le altre vicissitudini. Il fondo è attivo ancora oggi: colelchabad.org. NDR] così come la raccolta tra i Chassidìm per il sostentamento della casa del Rebbe. Inoltre, imposero a tutte le comunità chassidiche di auto-tassarsi per creare un fondo per ospitare i Chassidìm di passaggio mentre viaggiavano da e per Lubavitch.

 

Di mese in mese arrivavano sempre più persone a visitare la corte del Mitteler Rebbe. La gioia dei Chassidìm della Bielorussia e la Lituania non aveva limite.

 

Nel corso di quel primo anno, molti degli anziani Chassidìm che erano stati i primi allievi dell'Alter Rebbe, vennero anche loro a Lubavitch e rimasero molto impressi e soddisfatti del nuovo Rebbe. Questo fatto fece grande impressione su tutti i Chassidìm (visto che si trattava di persone di altissima livello di studio e spiritualità).

 

 

Il chasìd Rav Yossef di Beshenkovitch voleva anch'egli viaggiare a Lubavitch ma per diversi motivi non poté mettere in atto questo desiderio. Passò dunque molto tempo e finalmente nell'inverno del 5576 (1816) iniziò a preparasi per andare verso Lubavitch. Per un motivo o un altro, passò anche l'inverno e non era ancora andato. Un giorno, nel periodo tra Pesach e Shavuòt dell'anno 5576 (1816), Rav Yossèf stava trasportando un carico verso la città di Senna. Durante il viaggio, a fine giornata, si fermò presso una locanda. La locanda era situata vicino ad un incrocio tra alcune importanti strade.

 

Quella stessa sera, il Conte di Batchaikov arrivò alla stessa locanda. Quando si seppe nel villaggio più vicino che il conte si trovava presso la locanda di proprietà ebraica, il parroco del villaggio ed altre figure importanti del posto giunsero alla locanda per chiedere al Conte di pernottare nel loro villaggio.

 

Il Conte non poté rifiutare la loro ospitalità ed andò con loro. Tuttavia, un membro della sua entourage rimase presso la locanda ebraica, visto che doveva procedere da lì, di mattina presto, verso la città di Senna per un'importante missione per conto del Conte.

 

Durante tutto questo tempo, Rav Yossèf era seduto in un angolo, assorto nei suoi libri di Torà.

 

Il Rabbino che divenne un cocchiere - parte terza

Rav Yossèf fece il confronto da sé stesso e sua moglie. Lei era una donna semplice ma visto l'educazione che ricevuto aveva una pura e semplice fede nelle parole dei Tzadikìm che servono Hashèm. Lei non esitò un momento, come invece fece lui, e fece subito sapere la sua opinione positiva offrendo anche di vendere i propri gioielli per acquistare il cavallo e la carrozza.
 
Con questo, Rav Yossèf iniziò a contemplare l'importanza della giusta educazione. Lui stesso era stato cresciuto nel grembo della Torà e del Timore del Cielo. Suo padre, Rav Abbà, era un grande tzaddìk. Anche se per guadagnarsi da vivere era un semplice sarto, non accadde mai che non si svegliò a mezzanotte per pregare e studiare la Torà fino all'alba. Non prese mai parte in conversazioni frivole non solo di Shabbàt ma per tutta la settimana. [...] Anche sua madre era una donna timorosa di D-o che era sempre presa da diverse attività di beneficenza. [...] Era anche esperta di cure mediche e visitiva sempre le donne partorienti per prestare assistenza. E con tutto ciò, pensò Rav Yossèf, a lui stesso ancora mancava quella fede semplice nelle parole dei Maestri. Mentre sua moglie, cresciuta nella casa del suo padre il chassìd Rav Netanèl il Sofer, aveva una fede semplice e non esitava un momento.
 
[...] Per due giorni Rav Yossèf rimase in dubbio sul da fare. Sua moglie gli aveva già dato il denaro ottenuto dalla vendita dei suoi gioielli e intanto era arrivato lo Shabbàt. Nel giorno di riposo non riuscì a distrarsi dal pensiero della sua situazione, pensando che questo sarebbe stato il suo ultimo Shabbàt da "Rav Yossèf il Maestro" e dal prossimo Shabbàt sarebbe stato "Yossèf il Cocchiere". Nel suo pensiero si chiedeva cosa ne sarà di tutto lo studio che aveva fatto, e scoppiava in lacrime.

Poi un altro pensiero iniziò a turbarlo: "Sono veramente preoccupato di cosa ne sarà del mio studio di Torà, o forse è solo la mia presunzione personale, la mia arroganza per la perdita della mia dignità, che realmente mi disturba?" Pensando a questo si ricordò di un amico, anch'egli chassìd dell'Alter Rebbe, Rav Chaim Yehoshua il Cocchiere di Veliz e fu invaso da un sentimento di gioia come da un lampo.

"Non è forse R. Chaim Yehoshua un cocchiere da giovane? E non conosce forse a memoria l'intero Tanach (canone biblico), i sei ordini della Mishnà e il Tanya? Ha anche una conoscenza sorprendente delle leggi pratiche della prima sezione dello Shulchàn Aruch. Oltre a questo, i suoi figli sono degli studiosi fuori dal comune. Il figlio Binyamìn è Rav a Vitebsk, Yaakov Aryeh a Kalisk e il genero Refael Yitzchak è Rosh Yeshivà a Nevel."

Questo ricordo fu per Rav Yossèf come una boccata d'aria fresca. [...] E' possibile essere un cocchiere, uno studioso e un servo di Hashèm al tempo stesso", pensò, "e la prova è R. Chaim Yehoshua, che mentre viaggia studia a memoria il Tanach, la Mishnà e il Tanya. Io farò lo stesso: studierò a memoria mentre viaggio e tra un viaggio e l'altro studierò in profondità!"
Dopo Shabbàt decise di raggiungere il suo amico a Veliz.

[...] Rav Yossèf disse a R. Chaim Yehoshua che per un motivo riservato doveva diventare un cocchiere, pertanto lo era venuto a trovare per imparare il mestiere da lui. Gli disse anche che aveva a disposizione i fondi per acquistare un cavallo, la carrozza e tutto il necessario.
R. Chaim Yehoshua rimase scioccato da queste parole. Guardò Rav Yossèf pensando che avesse perso la ragione. R. Chaim Yehoshua rimase lì senza parole... Quando riuscì a riprendersi gli disse "che tipo di follia ti è entrata in mente, rav Yossèf? Dopo decenni di studio approfondito della Torà decidi di diventare un cocchiere?"

Rav Yossèf scoppiò in lacrime e non poté parlare. Anche il suo amico pianse con lui e disse "perché piangi Rav Yossèf? Chi ti costringe a diventare un cocchiere e quindi a piangere? Lascia la follia e vai a studiare Torà e servire Hashèm come prima!"

Rav Yossèf si alzò in piedi (questa era l'usanza dei primi Chassidìm; quando ripetevano le parole del Rebbe si alzavano in piedi) e ripeté le parole dell'Alter Rebbe che gli erano state dette in quell'incontro privato nel 5564 (1804). "Tutte le parole del Rebbe si sono realizzate, aggiunse, e poi arrivarono gli agenti della comunità di Lieplie per propormi la carica rabbbinica; è giunto quindi il momento di diventare un cocchiere".

Udendo queste parole R. Chaim Yehoshua disse: "In tal caso perché piangi? Dovresti gioire con l'idea che hai l'opportunità di mettere in atto le parole e le istruzioni del nostro grande Rebbe, che la sua anima riposa nel Gan Eden. Vieni, ti aiuterò a scegliere un buon cavallo e tutto il necssario. Oggi stesso Koppel, il mio assistente, ti insegnerà a mettere i finimenti. Entro due giorni saprai tutto."

Rispose Rav Yossèf: non possono le parole del nostro Maestro trovare la loro realizzazione in un'altra maniera? Se io diventassi un tuo socio nell'attività potrei partecipare con un investimento per acquistare una carrozza e pagare un'altra persona che lavori con te. Anch'io ogni tanto potrei viaggiare con lui..."

"No," disse Rabbi Chaim Yehoshua "le parole del nostro Rebbe così non sarebbero realizzate. Egli disse che per il bene della tua anima dovrai diventare un cocchiere invece di un rabbino. Quindi per il tuo stesso bene devi diventare un cocchiere!"
Alla fine Rav Yossèf dovette concedere che era per la sua dignità e "arroganza" che il suo pensiero era ofuscato. Quindi iniziò assieme a R. Chaim Yehoshua a fare tutti i preparativi per la sua nuova vita.

Rabbi Chaim Yehoshua lo fece anche sapere tra i chassidìm (che l'Alter Rebbe aveva istruito R. Yossèf a diventare un cocchiere) e in tempo breve la cosa si è risaputa che Rav Yossèf "il padrone delle spiegazioni" come lo chiamavano i chassidìm, o  Rav Yossèf "che provvede il sostentamento" (in materia di studio), come lo chiamavano tutti gli studiosi della zona, ecco questo Rav Yossèf era diventato un cocchiere.
  

To be continued...

Il Rabbino che Divenne un Cocchiere - parte seconda

Nelle prossime settimane condivideremo con voi, cari lettori, una storia tratta dalle memorie del Rebbe Yossef Y. Schneersohn di Lubavitch (1880-1950). La storia stessa ma anche la descrizione della vita degli ebrei in Russia di oltre due secoli e mezzo fa sono un'importante fonte di informazioni.

Parte 2°
Quando Rav Yossèf tornò a casa gli fu proposto di incontrare ed eventualmente sposare la figlia di Rav Netanèl lo Soffèr (lo scriba), che era rimasta anche lei vedova. Lei era giovane ed era titolare di un negozio di alimentari. Si sposarono e nell'estate del 5568 (1808) nacque un figlio che chiamarono Abba Zelig.

Nell'anno 5574 (1814) vennero da Rav Yossèf degli agenti della comunità di Lieplie con la richiesta scritta da parte della comunità, nella quale gli offrivano la posizione di Rabbino Capo di Lieplie. In quel momento, Rav Yossèf rammentò che dieci anni prima l'Alter Rebbe gli aveva detto che per il bene della sua anima, sarebbe stato meglio diventare un cocchiere anziché un rabbino. Di conseguenza, rifiutò l'offerta e mandò via gli agenti a mani vuote.

Dopo che furono partiti, riflettendo sulle parole dell'Alter Rebbe, Rav Yossèf si accorse che ora che gli era stata offerta la posizione rabbinica, era giunto il momento di diventare un cocchiere. Per un mese intero fu tormentato dentro di sé sul dafarsi a riguardo. In un momento decideva di andare avanti con il progetto di diventare un cocchiere e in un altro esitava e decideva il contrario. Così andava avanti e indietro in uno stato di confusione, angoscia ed indecisione.

Finalmente prese la decisione di seguire le parole del Rebbe e si avviò verso una locanda che era frequentata dai cocchieri, per poterli conoscere e farsi insegnare il mestiere. Quando i cocchieri videro Rav Yossèf che si avvicinava, lo salutarono e gli domandarono dove volesse viaggiare. Forse verso Vitebsk, o Lieplie? (Le città più importanti della zona). Rav Yossèf rispose timidamente che non aveva bisogno di viaggiare. Voleva solamente imparare il mestiere del cocchiere. I cocchieri si guardarono l'un l'altro in modo incredulo. Semplicemente non potevano comprendere quando stesse dicendo.

"Rav", disse uno dei suoi allievi che capitò in quel luogo, "lei capisce meglio le regole riguardanti la kasherizzazione degli utensili (hag'alà) che le regole di guidare una carrozza (agalà)". I cocchieri che capivano la distinzione tra le due parole in ebraico, si misero a ridere. Uno di loro, tuttavia, disse con la massima serietà: "Se il Maestro Rav Yossèf è venuto da noi, è ovvio che non lo ha fatto per scherzare. Questa deve essere per lui una cosa importante. Venga Rav Yossèf, io sono pronto ad aiutarla e a rispondere alle sue domande".

Rav Yossèf andò immediatamente alla stalla. Il cocchiere dimostrò al Rav come mettere i finimenti, come usare le redini, mettere il grasso sulle assi, ecc. Non sapendo come muoversi in quell'ambiente, Rav Yossèf divenne sporco con il grasso; inoltre uno dei cavalli lo colpì con la coda, vicino all'occhio.

Rav Yossèf tornò a casa sudicio ed esausto; sia il suo corpo che il suo spirito erano spezzati. Si cambiò le vesti ed andò alla sinagoga per la preghiera pomeridiana e per la lezione che faceva ai frequentatori. Dopo la tefillà i suoi amici e conoscenti gli domandarono "perché sei andato a trovare l'associazione dei cocchieri? Si dice in giro che Yitzchak il Cocchiere le ha insegnato a mettere i finimenti". Rav Yossèf evitò le domande e andò a casa.

Quando arrivò a casa vide sua moglie seduta mentre piangeva. Capì che le era giunta la notizia della sua "visita" presso la stalla di Yitzchak il Cocchiere. Rav Yossèf andò in stanza e pianse amareggiato. "Ho forse dedicato più di cinquant'anni della mia vita allo studio costante della Torà e al servizio di Hashm per poi diventare un cocchiere? Potrà un uomo di settant'anni diventare un cocchiere?". Decise in quel momento che non sarebbe mai diventato un cocchiere.

Tuttavia, quando si calmò, si ricordò del momento dieci anni prima in cui si trovava alla presenza del suo Maestro, l'Alter Rebbe. Le parole sacre del Rebbe risuonavano nelle sue orecchie. Si accorse di quanto la previsione del Rebbe si era realizzata e che era giunto il momento che lui diventi un cocchiere.

D'un tratto, gli entrarono in mente le parole dei Saggi che dicono di consultarsi con la propria moglie. Decise di parlarne con lei e di seguire qualsiasi cosa avrebbe consigliato. Andò subito nella stanza dove si trovava sua moglie. Lei stava guardando nel lettino dove il loro piccolo Abba Zelig dormiva. Le lacrime calde ancora scendevano sul suo volto, pensando alla terribile notizia che suo marito era impazzito ed aveva chiesto ai cocchiere di insegnargli il loro mestiere. Quando suo marito si avvicinò, si asciugò le lacrime e gli dimostrò un volto piacevole.

"Ho qualcosa da dirti", disse Rav Yossèf. Le raccontò tutto partendo dalle parole dell'Alter Rebbe e poi disse "ora non so cosa fare; è possibile che dopo cinquant'anni di studiare la Torà diventerò un cocchiere? D'altro canto, come posso non mettere in atto le istruzioni del nostro sacro Rebbe, che la sua memoria sia di benedizione?" Concluse aggiungendo che avrebbe aspettato la sua decisione "farò ciò che tu decidi", disse alla moglie.

"La mia opinione", disse la moglie, "è che se il tuo Maestro e Rav ti ha istruito, dovresti mettere in atto immediatamente le sue parole, senza aspettare neanche un giorno! Domani venderò la mia collana di perle e due oggetti d'oro, il ricavo dovrebbe essere sufficiente per acquistare un cavallo e una carrozza. Che tu possa iniziare questo lavoro seguendo il consiglio del nostro Rebbe in un momento buono e propizio!"

Quando Rav Yossèf udì le parole della sua moglie, espresse con un cuore pure e con una fede così pura, rimase da un lato colpito positivamente dalla pura fede nei Tzadikìm, mentre dall'altra parte gli si spezzò il cuore pensando che lui, Rav Yossèf, sarebbe diventato un cocchiere. I studiosi della città lo chiamavano "Rabbì Yossèf il padrone delle spiegazioni" per la sua chiarezza nell'insegnamento, e in tutte le cittadini e i villaggi della zona era conosciuto come colui che conosceva, praticamente a memoria, tutto il Talmud e il Rambam -- ora diverrebbe uno dei cocchieri... Questo lo portò alle lacrime.

Passati alcuni minuti Rav Yossèf si accorse che era giunto il momento delle preghiere della mezzanotte (Tikun Chazòt - una lamentazione che alcuni usano fare). Si preparò per andare in sinagoga per recitarli con un minian, come era sua usanza, e per poi pregare la tefillà della mattina all'alba.

Questa era la sua usanza abituale; d'estate pregava all'alba (dopo le preghiere della mezzanotte) e la Tefillà gli durava due-tre ore nei giorni feriali e quattro-cinque ore di Shabbàt. Dopodiché studiava il Talmud e il Rambam per circa tre ore e poi andava a fare colazione. Dopo la colazione si riposava per un'ora e poi insegnava un gruppo di allievi per quattro ore. Poi cenava, dormiva per tre ore e studiava per due ore con i propri allievi, dopodiché ripassava la Mishnà per un'ora. In più, regolarmente ripassava a memoria vari aspetti della Torà prima di andare a dormire o a riposare. Pregava Minchà con il minian ed insegnava una lezione di Talmud ai frequentatori prima di 'Arvìt. Durante i mesi invernali modificava questo programma secondo la differenza degli orari diurni e notturni.

Quella notte, Rav Yossèf recitò il tikun chatzòt con il cuore spezzato. Pianse non solo la Distruzione ma anche la sua catastrofa personale: da anziano avrebbe lasciato le sale di studio della Torà. Non solo non avrebbe accettato la carica rabbinica ma sarebbe anche spogliato dal titolo di studioso di Torà e si sarebbe vestito con le vesti sporche del cocchiere. Tutto ciò, senza neanche trovarsi in difficoltà economiche, grazie a D-o. Rav Yossèf pregò dal profondo del cuore chiedendo D-o di salvarlo.

A parta la sua angoscia in generale, Rav Yossèf era particolarmente angosciato a causa delle parole pure di sua moglie. Nel momento in cui lei sentì le parole dell'Alter Rebbe, non esitò un momento e diede la sua opinione con totale fiducia e semplice fede nelle sue parole.

Egli si vergognava dal profondo del cuore. Dopo tutto era lui, Rav Yossèf, che era legato per trentaciunque anni al Rebbe e ai suoi insegnamenti. Tuttavia, quando si trattava di mettere in atto una cosa che pensava fosse sotto la propria dignità, si lasciò buttare in settimane di angoscia durante le quali la sua vita non era vita.
 
To be continued...

Il Rabbino che divenne un cocchiere - parte prima

Nelle prossime settimane condivideremo con voi, cari lettori, una storia tratta dalle memorie del Rebbe Yossef Y. Schneersohn di Lubavitch (1880-1950). La storia stessa ma anche la descrizione della vita degli ebrei in Russia di oltre due secoli e mezzo fa sono un'importante fonte di informazioni.

Il mio padre, maestro e rav [il Rebbe Shalom Dovber di Lubavitch - 1861-1920] mi disse di fare visita al Rav Abba Zelig e di chiedergli di raccontarmi la biografia del suo padre. Il suo padre era il chassìd, Rav Yossef il Cocchiere di Beshenkovitch.

Quando chiesi a Rav Abba Zelig di raccontarmi di suo padre, mi chiese innanzitutto di ripassare un discorso di Chassidut assieme a lui, dopodiché mi racconto la storia del suo padre, come segue.

Reb Efraim Zalman
Vi era a Beshenkovitch un certo uomo di nome Reb Efraim Zalman che era noto come un grande studioso di Torà in tutta la zona, e teneva corrispondenza scritta con molti dei grandi luminari di Torà della generazione. Quando si sparse il nome dell'Alter Rebbe [Rabbì Schneur Zalman, fondatore della scuola Chabad] quale eccezionale studioso, Reb Efraim Zalman decise di viaggiare di persona a Vitebsk per mettere alla prova le conoscenze del giovane "Iluy di Liozna" (il genio di Liozna, come l'Alter Rebbe era conosciuto allora). L'Alter Rebbe visse a Vitebsk per il primo anno dopo il matrimonio, ancora giovanissimo.


Reb Efraim Zalman trascorse circa due settimane nella casa del ricco suocero dell'Alter Rebbe, Reb Yehuda Leib Segal. Durante questo tempo si allietò di molte conversazioni di Torà con l'Alter Rebbe. Era molto meravigliato e colpito dai talenti incredibili del giovane e della sua vastissima conoscenza di tutti gli aspetti della Torà, ma anche della sua sorprendente profondità e mente acuta.


Quando tornò a casa fu moralmente un po' abbattuto, in quanto aveva visto con i propri occhi e confermato di persona che sebbene il Illuy di Liozna fosse solo un giovanotto di quattordici anni, era comunque superiore a lui sia per il pensiero preciso che per la profondità delle sue conoscenze di Torà.


Reb Efraim Zalman era così sconvolto che per un mese aveva difficoltà a focalizzare bene sui propri studi di Torà per lunghi periodi come era abituato. Finalmente, decise di aprire il suo cuore all'anziano Gaon (genio), il Rav Avraham Ze'ev Saghì-Nahòr (il cieco). Rav Avraham lo confortò dicendogli che dal punto di vista della quantità del materiale conosciuto, lui - Reb Efraim Zalman - era secondo solo al Gaon di Vilna.


Solo allora si sollevò lo spirito di Reb Efraim Zalman e tornò a studiare come prima.

Rav Avraham Ze'ev il Cieco
Il Genio Rav Avrahàm Ze'ev conosceva a memoria l'intero Talmud con i commenti di Rashì e Tossafòt. Per cinquant'anni aveva svolto il ruolo di Rosh Yeshivà (capo di una scuola Talmudica) ed aveva molti allievi che a loro volta erano importanti studiosi.


Uno dei suoi alievi più importanti fu Rav Yossèf. Oltre ai suoi grandi talenti nello studio, Rav Yossèf - già da bambino - aveva un timore del Cielo innato. Quando aveva diciott'anni sposò la figlia di un abitante di paese che abitava in un piccolo villaggio nei pressi di Beshenkovitch. Abito lì per circa quindici anni, occupandosi tutto il tempo di studio di Torà e servizio del Cielo.


Ora, capitò una volta che un certo viaggiatore - che poi si dimostrò un grande studioso di Torà - capitò in quel villaggio. Rav Yossèf era felicissimo della presenza dell'ospite e delle molte conversazioni su temi di Torà che tenne con lui. Visto che era il mese invernale di Cheshvàn e le pioggie rendevano difficile il viaggio, Rav Yossèf convinse l'ospite di rimanere con loro finché sarebbero cessate le pioggie.


In una delle loro conversazione Rav Yossèf venne a sapere dall'ospite che aveva imparato la maggior parte della sua conoscenza dal Maghìd ("Il predicatore") di Liozna (questo era il titolo dell'Alter Rebbe all'epoca). Queste parole gli entrarono nel cuore e decise che la prossima volta che sarebbe capitato in città avrebbe chiesto informazioni su come arrivare a Liozna. Intendeva un giorno andare a trovare il Maghìd e sentire approfondimenti di Torà dalla sua bocca.


Tuttavia, passarono tre anni e Rav Yossèf non era ancora andata a trovare il Magghìd di Liozna. Accadde una volta che in un incontro tra gli studiosi della zona, il genio Reb Efraim Zalman tenne una lezione su una questione talmudica di dura comprensione. Nel corso del suo discorso, Reb Efraim Zalman disse che quattordici anni prima (nell'anno 5523-1763) aveva incontro il Illuy di Liozna quando questo ancora abitava presso la casa del suocero R. Yehuda Leib Segal. Reb Efraim Zalman disse il Iluy (il genio - lo stesso Maghìd di Liozna che sarebbe poi noto come l'Alter Rebbe) aveva spiegato alcuni commenti del Raavad sul Mishnè Torà del Rambam (Maimonide). Dato il detto dei Maestri che chi cita un insegnamento a nome della persona da cui l'ha sentito, fa sì che la Redenzione si avvicini, Rav Efraim Zalman trasmise in quella occasione alcuni degli insegnamenti che aveva sentito anni prima dall'Alter Rebbe, facendo capire quanto erano innovativi e profondi, data la mente così profonda del loro autore.


Queste parole penetrarono il cuore di Rav Yossèf, il quale decise di viaggiare verso Liozna senza tardare. Questo accadde nell'estate del 5537 (1777). Rav Yossèf rimase a Liozna per un anno intero. Poi tornò a casa e si immerse nuovamente nello studio della Torà e del servizio del Cielo ma questa volta secondo le indicazione dategli dall'Alter Rebbe. Passarono vent'anni in questa maniera, durante i quali Rav Yossèf andava a trovare l'Alter Rebbe ogni due o tre anni.


Nell'anno 5561 (1801) Rav Yossèf rimase vedovo. Durante il primo anno dopo la morte della sua moglie, egli continuò a vivere nella tenuta del suocero, che allora era già stata ereditata dai suoi cognati. Poi decise di lasciare quel luogo - contro la volontà dei suoi cognati - e affittò una camera a Beshenkovitch. Il padrone di casa era soprannonimato Yochanàn Nafcha (Yochanàn il fabbro - come uno dei maestri del Talmud). 


Durante questo periodo, il suo cognato Reb Yehudah, lo convocò davanti alla corte rabbinica per cercare di forzarlo ad accettare i cinquecento gulden che il suocero gli aveva lasciato nel testamento. (Rav Yossèf non volevo accettare doni o simile). La sentenza del Bet Dìn fu che quel denaro era di proprietà di Rav Yossèf e che doveva accettare quei fondi. Prima diede la decima a varie opere di zedakà e poi diede trecento gulden in prestito al fondo di prestiti gratuiti. Le restanti centocinquanta gulden furono da lui date in mano ad un consiglio di tre uomini abbienti della città. La loro responsabilità era di occuparsi delle sue spese quotidiane. Quando il fondo fu esaurito, Rav Yossèf si mantenne insegnando tre bambini. Mangiava a casa dei loro genitori secondo un sistema di rotazione; due mesi in ognuna delle tre case.


Rav Yossèf andò alla cittadina di LIadì (dove ormai risideva l'Alter Rebbe) nell'anno 5564 (1804). Quando entrò nello studio dell'Alter Rebbe, egli gli chiese se conosceva a memoria perfettamente tutti i sei ordini della Mishnà. Rav Yossèf rispose affermativamente ed aggiunse che aveva l'usanza di ripassarli tutti una volta al mese.


L'Alter Rebbe rispose: "Mishnà (משנה) è composta dalle stesse lettere di Neshamà-anima (נשמה). Tu sposerai una donna che ha già figli da un matrimonio precedente. A voi nascerà un figlio. Il Sign-re, benedetto Egli sia, ti darà una lunga vita. Per il bene della tua anima, invece di accettare una posizione rabbinica è meglio diventare un cocchiere".

Sprazzi della Giornata di Studio 5776

 

Perché organizziamo un bar mitzvà al kotel?

Ogni anno, da ventiquattro anni a questa parte Chabad Lubavitch di Roma in collaborazione con il Bet Shmuel e Lillo Naman e Shaarei Aliyà a Lod e Bet Chabad Ashdod organizza un bar mitzvà collettivo in Israele per trenta ragazzi provenienti da famiglie disagiate.

Prima di raccontarvi dell’evento recente, ci teniamo ad informarvi come è nata questa iniziativa, per cui ci siamo rivolti a Rav Yitzchak Hazan, direttore di Chabad Lubavitch a Roma. Il Rav racconta che il Sig. Climo Rabba di benedetta memoria, organizzò un bar mitzvà per suo figlio e desiderò aiutare altri coetanei meno fortunati contemporaneamente, venne a consultarsi con il Rav che ebbe l’idea di fare le cose in grande. Così con la sponsorizzazione del Signor Rabba e del Signor Clemente Di Segni, che abbia una lunga vita, Chabad Roma ha organizzato un bar mitzvà bellissimo per trentatre ragazzi, una tradizione bellissima che organizziamo ogni anno e per il quale ringraziamo gli sponsor, i nostri amici qui a Roma che rendono possibile questo evento importante ogni anno. Chazak! Nella foto sotto, il primo bar mitzvah Il primo Bar Mitzvà in Israele organizzato da ChabadRoma e Amici

 

Centoquaranta persone hanno partecipato al bar mitzvà collettivo in Israele per trenta ragazzi provenienti da famiglie disagiate, tenutosi lo scorso 21 Maggio a Gerusalemme.DSC_.jpg

I festeggiamenti sono iniziati al Kotel dove i ragazzi hanno indossato i tefillìn ricevuti in dono dagli organizzatori e sono saliti al sefer alla presenza del Rabbino del Kotel, Rav Shmuel Rabinovitch e del capo della polizia di Gerusalemme, Yohanan Danino, Rabbanim, parenti ed amici.

Il gruppo si è poi spostato nei locali Bet Israel per la seconda parte del programma. Lì hanno partecipato in un pranzo delizioso allietato dalla musica e I balli sentiti e molto gioiosi che hanno fatto sentire i festeggiati davvero speciali e unici in questo giorno particolare.

Tra gli ospiti d’onore: il Rabbino capo Sefardita d’Israele, Rav Yitzhak Yosef, il membro della Knesset Manuel Trachtenberg, il vice sindaco di Lod, Vito e Milly Arbib e Giulio Moscati.

Un sentito grazie agli sponsor che hanno reso possibile questo evento. Che Hashem vi ricompensi con salute, successo e solo benedizioni. 

Clicca qui per l'album di foto dell'evento. 

 

 

 

 

 

 


 

Successone al Day Camp!

Il day camp organizzato da Chabad Lubavitch di Roma in collaborazione con il Beth Shmuel ha riscosso un grande successo. Decine di bambini dai sei agli undici anni hanno partecipato al programma che è durato due settimane.

I campeggianti si sono divertiti molto partecipando a gite in posti come Magic Land, Explora, Laser Game, Bowling e Piscina e hanno anche studiato un po', sempre in modo interattivo e divertente esplorando una mitzvà specifica e facendo un lavoro manuale ad esso connesso.

Nelle parole di uno dei genitori: "Grazie per tutto, sono stata davvero felice di aver scelto il vostro centro estivo, sempre pieno di iniziative. Le mie figlie sono sempre tornate a casa con sorrisoni soddisfatti, cosa chiedere di più?"

Un grande chazak al madrich e organizzatore Rav Meir Shaikewitz e alle super madrichòt Sara Bendaud, Aline Guetta e Brochi Shaikewitz. Un sentito grazie ad Elisabeth Tesciuba Sasson e Rav Ronnie Canarutto e Rav Menachem Lazar per il loro aiuto fondamentale alla riuscita del progetto.

Alla prossima se D-o vuole!

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Bar Mitzvà per Trenta ragazzi

DSC_0123.jpgAnche quest'anno Chabad Lubavitch di Roma e Amici in collaborazione con Shaarei Aliyà a Lod e Bet Chabad Ashdod, organizza un bar mitzvà collettivo in Israele per trenta ragazzi provenienti da famiglie disagiate.  Il bar mitzvà si terrà se D-o vuole il prossimo 21 Maggio.

La cerimonia sarà tenuta al kotel, seguirà un pranzo festivo per i ragazzi e le loro famiglie in una sala a Gerusalemme e una visita speciale alla Knesset.

Chabad Lubavitch di Roma si occuperà di fornire tutto il necessario: i tefillin, i talitòt, gli abiti, i pulman per i parenti ecc

Il tuo contributo di 700 euro sponsorizzerà il bar mitzvà per un ragazzo. Ogni contributo è ben accetto. Da oggi puoi contribuire online via http://www.chabadroma.org/1859369  oppure tramite bonifico bancario

Unicredit Banca di Roma 159
Iban it 60 n02008 05119 000 400 691540
Fondo barmitzva

Per ulteriori informazioni: [email protected] o 06.8632.4176

 

Rav Elio Toaff z'l - Baruch Dayan Haemet

ROMA CHABAD-LUBAVITCH Il movimento Chabad-Lubavitch di Roma compiange la scomparsa del Rav Elio Toaff z.l., rabbino emerito della Comunità Ebraica di Roma.

Nel corso dei decenni del suo rabbinato, il Rav si consultò con il Rebbe di Lubavitch su questioni importanti riguardanti l'ebraismo italiano e romano. Quando il movimento Chabad si instaurò a Roma, il Rav fu il primo a sostenere le lezioni e le attività.

"Con il Rav Toaff è stato da subito un rapporto di profonda amicizia", ricorda Rav Yitzchak Hazan, il direttore del movimento. "Anche la storica Chanucchià in Piazza Barberini è stata organizzata la prima volta con il suo aiuto".

Il movimento Chabad-Lubavitch porge le più sentite condoglianze alla famiglia e partecipa al dolore dell'intera comunità.

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La Bellezza Secondo la Torà

Più di cento donne si sono ritrovate in casa Arbib lo scorso Lunedi per una bellissima serata e lezione organizzata dalle emissarie Chabad Lubavitch di Roma in onore della ricorrenza della Rabbanìt Chaya Mushka, moglie del Rebbe.

L'argomento trattato era la bellezza. La Signora Bessie Garelik, amata ed esperta oratrice, ha parlato della bellezza secondo l'Ebraismo, suscitando l'interesse di tutte le presenti con le sue parole coinvolgenti e sagge. Una registrazione della lezione è disponibile qui.

Nel corso della serata è stata tenuta un'asta cinese, i quali proventi sono stati devoluti in tzedakà e sono stati recitati anche dei Salmi per pregare per la situazione del mondo e per chiunque abbia bisogno di una pronta guarigione.

Un sentito grazie a Milly Arbib per la squisita ospitalità e disponibilità.

A Rossella Della Rocca, Simona Dell’Ariccia, Miriam Brindisi, Mindy Palmer, Eugenio Piperno, Patrizia Pontecorvo, Carlo e Claudia Sabatello,  Valentino Couture e You Parfum per i premi per l'asta.

A Le Bon Ton, Martine Leotardi, Giordana Guetta Gay, Giada Naccache per i dolci, belli da guardare e buonissimi.

Clicca qui per altre foto.

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Purim a Roma

Che bel Purim che abbiamo passato!

Chabad Lubavitch di Roma ha distribuito quasi 1,000 pacchi di Purìm, mishloach manòt.

Abbiamo letto la Meghillà per centinaia di uomini, donne, adolescenti e bambini, sia locali che turisti e studenti. Abbiamo raccolto soldi per i disagiati e per mamme single e abbiamo gioito insieme.

Tutto questo  in Piazza Bologna, ai Parioli e in Viale Libia; a Monteverde, viale Marconi e in Piazza e perfino all'aeoroporto Fiumicino!

Chazak a Rav Yitzchak e Sarah Hazan, Rav Ronnie e Sterna Canarutto, Rav Shalom e Chani Hazan, Rav Menachem e Rivkie Lazar e Rav Meir Shaikewitz.

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Ricordo bello, ricordo brutto

 L'altro Zachòr

Pubblicato nel mensile Shalom - Novembre 2014, Roma

"Zachòr! - Ricorda!" Parola che conoscono in molti per le connotazioni legate al ricordo del passato, alle sofferenze subite dal popolo ebraico e soprattutto alla Shoah. Questo "zachòr" è appunto molto conosciuto ma vi è anche un altro zachòr.

Narra un'antica fonte (Pirké deRabbì Eli'èzer):

Quando Moshè disse "Ricorda ciò che ti fece 'Amalèk per la strada quando sei uscito dal Egitto" gli ebrei gli dissero: Moshè Rabbènu un verso dice "zachòr-ricorda ciò che ti fece 'Amalèk" e un altro verso dice "zachòr-ricorda il giorno dello Shabbàt per renderlo sacro"; come potranno coesistere entrambi? Questo zachòr e quel zachòr?

I maestri spiegano il senso della domanda. Effettivamente è come se il Midrash dicesse che tra questi due ricordi vi è una contraddizione di base.

Lo Shabbàt rappresenta la fede in D-o che ha creato il mondo in sei giorni e il settimo giorno per il riposo, come indicato nella Torà stessa e nella liturgia dello Shabbàt.

'Amalèk, d'altro canto, rappresenta il negare la presenza divina nella peggiore delle maniere, quella deliberata e voluta.

I precetti della Torà possono essere suddivisi in tre categorie generali quali quelli da mettere in atto concretamente, quelli legati invece alla parola e quelli che rimangono nel mondo del pensiero. Il ricordo, il precetto di "zachòr", appartiene a quest'ultima categoria visto che, a parte gli aspetti concreti dei relativi precetti, l'invito è proprio a ricordare e quindi di mantenere in mente un pensiero o, meglio, un modo di pensare. Da qui nasce il problema.

A quale di questi due "ricordi" bisogna dedicare il proprio pensiero, la propria concentrazione e meditazione? Bisogna dedicare più energia a ricordare il Sign-re oppure a ricordare chi Gli si contrappone?

Certo, bisogna ricordare 'Amalèk per poter cancellare il suo nome (ovvero il suo effetto) ma alla fine ci si occupa di chi si contrappone a D-o! Inoltre, se ci si concentrasse su questo tipo di ricordo si verrebbe sicuramente a minimizzare la concentrazione sull'altro essendo i due in netta contrapposizione. Non possono, come dice il Midrash, coesistere.

Torniamo alla citazione. "Gli rispose Moshè: Non non si può paragonare un bicchiere di conditum (vino speziato) a un bicchiere di aceto; tuttavia questo è un bicchiere e quello è un bicchiere. Ricorda per osservare e santificare il giorno dello Shabbàt come è detto 'ricorda il giorno dello Shabbàt per renderlo sacro' e questo ['Amalèk] è ricordato per essere punito".

Forse, per approfondire, si potrebbe suggerire che nella sua risposta Moshè voleva delucidare che esistono due modalità di zachòr-ricordo.

Ci sono alcune cose che si ricordano con piacere ed entusiasmo ed è questo il tipo di ricordo da applicare allo Shabbàt. Altri ricordi vanno tenuti molto fortemente per il timore di non decadere in un certo tipo di comportamento o di mentalità, ma sono ricordati per essere evitati e quindi il ricordo pur essendo è d'obbligo non è piacevole ed entusiasmante.

Il Midrash sceglie l'esempio del vino speziato (una bevanda molto pregiata all'epoca) e l'aceto.

E' ovvio che il vino è il liquido preferibile tra i due ed è quello che è consumato con piacere. A volte però bisogna consumare l'aceto, se come medicinale (come veniva adoperato) o quant'altro, ma non è certo un'esperienza piacevole.

Il ricordo-zachòr dello Shabbàt è quello che si mette in atto con entusiasmo, con gioia e con piacere. Il ricordo di 'Amalèk, d'altro canto, lo si tiene per forza maggiore: bisogna ricordare anche che c'è chi nega il Creatore e bisogna guardarsi dal cadere in quella trappola.

Nella società odierna siamo più abituati a sentire il "zachòr" legato al male, alla Shoah, che il "zachòr" dello Shabbàt.

E' chiaro però che l'ebraismo vivrà sulla base di esperienze positive e ricordi piacevoli.

Mentre il "zachòr" di 'Amalèk è anch'esso una mitzvà, è opportuno tenere presente che ci ricorda cosa non fare. Lo "zachòr" dello Shabbàt, invece, è quello positivo e quindi quello sul quale dovrebbero concentrarsi la maggior parte delle nostre forze.

"Zachòr" per continuare ad esistere ebraicamente!

di Shalom Hazan
Direttore di Chabad-Lubavitch di Monteverde (Tempio Colli Portuensi, Gan Rivkà).
L'idea principale dell'articolo è adattata dall'opera Likuté Sichòt del Rebbe di Lubavitch

Si Può Tradurre la Torà?

 Domanda: 

 

Perché si digiuna per rammaricarsi della traduzione dei settanta, che fu fatta da maestri ebrei e che fu letta dagli ebrei di lingua greca, mentre il Targum in aramaico di Onkelos fu accolto positivamente dal mondo ebraico?

La domanda si riferisce alla famosa traduzione "versione dei Settanta" (Septuaginta in latino) commissionata dal sovrano egiziano Tolomeo II Filadelfo (regno 285-246 a.e.m.) e a quella del convertito all'ebraismo Onkelos, parente dell'imperatore Adriano (secondo altri, parente di Tito).

Risposta:

 In realtà la Torà (scritta) è intraducibile. Chiunque vede la Torà scritta, formata semplicemente da delle lettere (solo consonanti!) sulla pergamena, capisce che servono degli strumenti per accedere al suo significato.

Alcuni di questi strumenti fanno parte del testo ma sono indicati (almeno in origine) solamente dalla tradizione trasmessa oralmente. Tra cui le vocali (essenziali perché le stesse lettere-parole senza le vocali potrebbero avere significati diversi) e le note del canto (che aiutano moltissimo soprattutto ad inserire punteggiatura ma anche in moltissimi casi a contestualizzare meglio e capire il senso). Anche i "taghìn" (le coroncine sulle lettere) hanno il loro significato. 

 Questo vuol dire che una traduzione, qualsiasi traduzione, deve necessariamente prendere in considerazione questi elementi che non sono scritti sul testo. In altre parole, la traduzione deve considerare la Torà Orale, che è la chiave di accesso alla Torà scritta.

 Se la traduzione non prende ciò in considerazione, non corrisponde al testo originale. 

Il problema è che anche una traduzione che dovesse prendere in considerazione solo questi elementi, sarebbe comunque estremamente carente in quanto vi sono altri elementi da tenere presente. 

 La Torà ha un proprio modo di esprimersi. Innanzitutto la Torà usa una forma breve, quasi stenografica, e quindi, ovviamente, non può essere tradotta così come è. Nella lettura dell'originale, seppur abbia questa forma, siamo aiutati dagli elementi sopra indicati per capire il senso.  

Inoltre, la Torà ha delle regole tra cui:  

- Non esistono ripetizioni. Quando leggiamo nella traduzione qualcosa che sembra essere ripetizione vuol dire che ci manca qualcosa.  

- Vi sono delle parole uguali che possono assumere significati diversi.  

- Sinonimi, nella lingua sacra, sono praticamente inesistenti. Parole diverse che sembrano indicare soggetti simili, indicano in realtà diversi aspetti del soggetto o verbo che sia.  

- A volte i versetti estremizzano la stenografia, lasciando addirittura dei versetti "stroncati" a metà quando la restante parte dovrebbe essere ovvia a chi legge (e sicuramente lo sarebbe se avesse gli elementi di corretta lettura in mano!)   

Tutti questi ed altri elementi hanno fatto sì che, nella mancanza di conoscenza o di rispetto di essi, sono nate delle traduzioni che in molti casi non hanno alcun senso. Troviamo parole uguali ma con significati diversi tradotti sempre nella stessa maniera con risultati devastanti. Soggetti uguali con nomi diversi con risultati simili. E così via. 

Si potrebbe allungare molto ma per tornare alla domanda:  

La traduzione dei 70 è stata commissionata da altri secondo dei loro criteri ovvero che la Torà dovrebbe essere stata tradotta come un qualsiasi libro, traducendo più o meno al letterale. In realtà però la Torà è intraducibile. 

La traduzione è stata una tragedia perché ha praticamente chiuso la Torà al mondo, limitandola e dando vita a delle traduzione ancora peggiori. 

Tutto il mondo finora legge queste traduzioni e le loro varie evoluzioni, effettivamente leggendo un libro che però Torà non è. 

In realtà, molte delle critiche che vengono fatte nei confronti della Bibbia hanno ragione. Solo che non è la Torà l'opera che stanno criticando, bensì una traduzione errata! (Ovviamente per la maggior parte non lo sanno).

La traduzione di Onkelos, d'altro canto, è stata preparata sotto la supervisione o su ispirazione degli insegnamenti dei più grandi Maestri della tradizione, ovvero di quelli che hanno da sempre conservato gli elementi originali e corretti di lettura della Torà (Rabbì Eli'ezer e Rabbì Yehshu'a).

Onkelos in realtà non è tanto una traduzione quanto un commento, che prende in considerazione tutti i suddetti elementi in una maniera sorprendentemente chiara e profonda al tempo stesso, fino a far diventare la sua traduzione uno degli elementi base per la comprensione della Torà e fino al punto che i Maestri hanno dichiarato che quanto scritto da Onkelos era stato detto al Sinai (indicando quindi l'autenticità del suo commento-traduzione).

 In realtà la "traduzione" di Onkelos è Torà Orale! Proprio perché non pretende di "tradurre" la Torà, ha la possibilità di rimanere fedele al senso originale.

Per concludere, qualche esempio:

Nella Parashà della settimana scorsa, Lech Lechà, D-o promette ad Avrahàm che gli avrebbe fatto nascere un figlio da Sarà. La reazione di Avrahàm è che cade sul volto e poi 'va-yitzchàk' (17:17). Verbo che normalmente è tradotto con ridere. Nella Parashà di questa settimana, Vayerà, quando Sarà sente dagli angeli la stessa promessa la Torà impiega lo stesso verbo 'va-tizchàk' (18:12).

Nel Onkelos notiamo subito che lo stesso verbo ha significati diversi. La prima volta traduce "gioì" e la seconda "rise". Avrahàm fu gioioso mentre Sarà rise incredula. (Il tutto è anche confermato dal rispettivo contesto).
Le false traduzioni non si sono resi conto di questa differenza.

Un altro esempio classico è alla fine di Bereshìt dove si parla della corruzione dell'umanità. Nel 6:2 e 6:4 si fa riferimento ai benè elohìm cosa che molti hanno tradotto con figli di dio. In realtà nel contesto non ha alcun senso, come molti altri versi tradotti male.

Come indicato da Onkelos, la traduzione corretta di elohìm in questo contesto non è un nome di D-o (e anche quando lo è ha un significato specifico; come indicato sopra non ci sono sinonimi), bensì semplicemente è un riferimento ai nobili, ai principi, insomma a chi comanda. La Torà dice che i loro figli facevano come gli pareva... (Per fortuna le edizioni italiane più moderne del mondo ebraico hanno corretto molti errori comuni.)

Un altro importantissimo aspetto del Targum Onkelos è il suo modo geniale di evitare l'antropomorfismo del quale sono afflitti le traduzioni che trasmettono il letterale. E' inutile sottolineare l'importanza di questo aspetto del Targum, con il quale ci insegna (ciò che era stato insegnato a lui) che quando la Torà usa termini come "la mano di D-o" e simile, non è mai stato inteso nel senso letterale.

Buono studio!

Rav Shalom

D-o Ha Bisogno di Noi?

Un ayomhatorah_web.jpgppuntamento da non perdere!

Conclusione Stagione Estiva a S Marinella

Questo Shabbat ha segnato l'ultimo Shabbat trascorso insieme al Tempio di S. Marinella organizzato da Chabad Lubavitch di Roma.

Quest'estate ha visto un'adesione record con decine e decine di uomini, donne e bambini di tutte le età presenti alle tre tefillòt di Shabbat, alle lezione, ai pranzi e i kiddushim organizzati e le centinaia di persone che hanno partecipato al primo suono dello shofar (vedi foto sotto)

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